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Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu/204

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198 vii - dalle «passeggiate solitarie»



     Ma solo un cor restavami
50da molte pene afflitto,
e non tel volii offrir.
     L’arbor avvezzo ai folgori,
deve solingo e ritto
sui monti isterilir.


     55Ma che tremori insoliti,
che gioie intense e amare
potesti in me svegliar,
     lasciando con lunga estasi
le tue pupille care
60su me, in silenzio, errar!


     Tutto da noi nell’aere,
tranne le nostre salme,
tutto vid’io vanir.
     Da quella cara ed intima
65comunion dell’alme
chi ci potea rapir?


     Non bieche larve, o strepito
d’armi, o vulcani ardenti,
o pelaghi in furor;
     70non dei temuti arcangeli
le tube onnipotenti
nel giorno del Signor.


     Cara!... Talor si volgono
momenti di dolcezza
75cosí profonda al cor,
     ch’egli vorría dissolversi
in quell’immensa ebbrezza,
come per vampa il fior.