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228 viii - da «storia e fantasia»


     Ben cortese e non pudica
ti sognò la fola antica,
e di Latmo i mirti ombrosi
20van parlando ancor di te,
          quando, languida sul petto
dell’ardente giovinetto,
gli recavi i gaudi ascosi
d’un amor che in ciel non è.

     25Ma tu, strania al fallo bieco,
tu ridesti il genio greco,
né dell’ira il cupo istinto
la vendetta t’insegnò;
          e sull’urne di Platea,
30e sui fior di Mantinea,
e sui marmi di Corinto
la tua luce ognor brillò.

     Né giá visiti quei segni
di superbi e morti regni,
35per un senso, qual che fosse,
di tristezza o di piacer.
          Esser pia non ti bisogna,
né tal sei. Ma tal ti sogna
nelle fervide e commosse
40sue fantasme il passeggier.

     Fredda sí, ma pur divina,
la tua luce a noi s’inchina,
e d’un palpito ci scote
malinconico e immortal.
          45Chi nol sente ha sterilito
il pensier dell’infinito:
stranio verme a cose ignote,
polve ed ombra in lui preval.