Quante tele e quanti carmi 50tu inspirasti, e bronzi e marmi,
senza amor che a noi ti stringa,
tu romita in grembo al ciel!
Di Simonide la lira
al tuo lume ancor sospira, 55lá in Termopili solinga
tra le querce e il venticel.
Pia non sei, ma non sei cruda
tu, di sensi affatto ignuda.
Pur la vergine ti manda 60la notturna sua canzon:
parla a te del chiuso foco,
di sospiri accende il loco.
Ma la gelida tua landa
non contrista umano suon.
65Meglio a te. Se errar non godi
sulle antiche ossa de’ prodi,
che fregiâr d’un mondo infranto
col lor sangue i vani altar;
se il tuo raggio inerte scorre 70sovra il Libano e il Taborre,
dove i cedri al fiero canto
d’Isaia si conturbâr;
non udisti almen le grida
del fuggiasco fratricida, 75né d’Abel l’estinto viso
i tuoi rai contaminò;
e, a Getsemani movendo,
ti fu ignoto il bacio orrendo,
che degli angeli il sorriso 80in eterno addolorò.