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viii - da «storia e fantasia» |
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Era il meglio un nome occulto
50serbar sempre in mezzo ai monti,
che recarlo nel tumulto
delle querule cittá;
dove siede in sulle fronti
il timor, la noia oscura,
55dove langue la natura,
dove muor la libertá.
Miglior senno arar le glebe,
o dar gli estri all’aura molle,
che versarli ad una plebe
60scissa d’opre e di pensier,
che, ululando al par del folle,
gira il trivio e sempre sogna,
e, pasciuta di menzogna,
sfregia il bene, esiglia il ver.
65Oh mia musa! oh mia compagna
dell’etá ridente e lieta!
quando in cima alla montagna
i tuoi canti aprivi al ciel,
tu credesti il tuo poeta
70cosa sacra infra le cose:
cinto l’hai delle tue rose,
l’hai bendato del tuo vel.
Ahi fatale, ahi tristo inganno!
Sul destrier dei dolci incanti
75ei s’assise; e il negro affanno
sul destrier gli cavalcò.