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Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu/253

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v - la paura 247



     Ma in quella torva pace
la fantasia non tace.
Ei sogna; e sulla cóltrice
20si sente camminar
               l’ombre de’ morti, e vede
cappe, ferètri e tede;
e qui un castel, lá un’orrida
selva al dormente appar.


     25Poi le vedute forme
cangian movenze e norme:
stridere il gufo ascolta,
del malaugurio re;
               vede le streghe in vòlta,
30e al lume delle lampade,
chiuso in mantel di porpora,
l’uom dal forcuto piè.


     E, imprigionato ancora
da quelle larve, ei plora
35sommessamente, e spasima,
dal sonno per uscir;
               e alfin d’acute strida
empie la notte infida,
e sbarra gli occhi, esanime
40quasi dal reo patir.


     Ma perché dunque ei prova
questa temenza nova,
ei che di nulla intende,
vergin di cure il sen?
               45perché, mentr’egli ascende
verso il rosato esistere,
la morte co’ suoi funebri
sogni a turbar lo vien?