Funeste e paventose
le piú innocenti cose 115ti appariran. Di tossico
si tingerá il ruscel;
del mite sole i rai
stilleran sangue; e udrai
di fiere trombe un sònito 120nel lene venticel.
Questa è la colpa. È questo
il punitor funesto,
l’irto spavento, il bianco
figliuol della viltá. 125E che dall’egro fianco
te lo divelga e il dissipi
per le agitate tenebre,
altri che Dio non v’ha.
Tu, fantolin, non temi 130oggi il mio canto, e gemi
sol delle vacue favole,
che la nutrice ordí.
Ma ne saprai l’occulto
senso, o futuro adulto. 135Cresce veloce agli uomini
sull’ombre vane il dí.
Con tutti, o fantolino,
del mondo e del destino
tu tremerai quel giorno, 140che ti sia noto il ver.
Giá ti susurra intorno
la livid’onda e il turbine
Su! la barchetta edifica,
o povero nocchier.