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Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu/285

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x - in morte di mio fratello giuseppe 279

     Ma per me l’arco del dolor sua corda
mai non allenta, e non so dir se resti
giá in me parte inoffesa ove oltre ei morda.
     25Eri tu, fratei mio, tu che mi festi
lieto alle cacce, in quell’etá che il core
giá comincia a parlar coi pensier mesti:
     eri tu, che assistevi ultimo all’ore
d’ogni mio dipartir da quelle nostre
30case infelici, ove si piange e muore.
     E, quand’io ritornava in quelle chiostre
care e dolenti, ove letizie e pene
tante al mio core e agli occhi mie’ fûr móstre,
     eri tu primo ad affrettarmi il bene
35dei noti baci, e ci correan sul volto
lacrime ardenti e di dolcezza piene.
     Giovin eri e leggiadro, ilare e colto;
e che ti valse? Or sei sotterra. E vanno
tutti. E ogni cor, che amai, giace or sepolto.
     40Lunge è la figlia mia, l’ultimo inganno
al duol dei cari che Morte mi spense:
per me nacquero insiem l’alba e l’affanno.
     Fratel!... penso a quel dí, che dalle accense
del sol saette ci coprian sul Garda
45l’ombre de’ cedri profumate e dense.
     E tu, coll’occhio che piú dentro guarda,
sclamavi: — Io non so dir quel che m’offenda
l’anima sí; ma il tuo partir mi tarda.
     Fratel, tristo è il commiato in questa orrenda
30stagion di guerre, ove a piú d’un si toglie
di corcarsi ne’ vespri alla sua tenda.
     Addio, fratello: un bacio ancor. Le spoglie,
che in don m’hai date, io vestirò, se il fiero
groppo d’affanno, che ho sul cor, si scioglie.
     55Le vestirò, tacitamente altèro
del donator. Ma alle natie pendici,
deh! riedi. Al mondo ora miglior non spero.