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x - in morte di mio fratello giuseppe 281

     Morte, empia Morte, che le patrie mure
95spezzasti e a terra la gran quercia hai messo,
tu i rami or tronchi coll’orrenda scure.
     E, aimè! li tronchi l’un dell’altro appresso,
e moltiplichi il duol. Perché, men cruda,
non reciderli tutti a un colpo istesso?
     100Ahi! cameretta di quel caro ignuda,
tu piú non suoni alle canzon sue liete.
Dormi in silenzio; e una pia man ti chiuda.
     Ahi! canne inerti alla fatal parete,
cenere è l’occhio che vi pose in mira.
105E voi, selve natie, piú nol vedrete.
     Ahi! Melampo, ove corri? ove t’aggira
la pietosa demenza? In loco ei siede,
donde né il tuo né il mio pianger lo tira.
     Addio! t’intendo. Alla funerea sede
110tu il cerchi. E lá t’accosci. E su quell’erba
sigillerai, morendo, la tua fede.
     Oh, nostra carne misera, a cui serba
dolor sí forti un umil bruto, ed ella
de’ suoi lievi dolor tanto è superba!
     115Addio, Melampo; addio, fratel. Tu in quella
patria, ove tutto è una menzogna il mondo,
tu avrai giá visto, invidiata e bella
     visione, i miei padri, e sul giocondo
grembo d’Elisa gli angeletti miei,
120la casa tua che qua ruina al fondo.
     Tutti per me li bacia, e di’ che sei
da me partito senza ch’io ’l sapessi,
ché accompagnato al ciel forse t’avrei.
     Di’ lor che è meglio favellar con essi
125che colle genti in questo vario nido,
ove tanto, ogni dí, sceman gli amplessi.
     E che dal fondo mio carcere io grido
verso la tomba; e che i sofferti lutti
mi fien lievi quel dí, che al mondo infido
     130chiuderò gli occhi, per vedervi tutti!