Deh! non cader. Se un ebete 210vulgo t’offende, oblia.
Lanciò la fatua Solima
le pietre in Geremia,
e la dardania prole
rise le illustri fole, 215che pur carpia la vergine
Cassandra all’avvenir.
E fu Sionne un cumulo
di sassi e di vergogna;
e sugli iliaci ruderi 220sta il corvo e la cicogna.
O musa, i fior, che a nembo
lasci cader dal grembo,
possan sull’atrio ai posteri,
non su macerie olir!
225E voi smettete il mugolo,
spadoni imbrattacarte,
ch’ella con veglie e lacrime
fe’ sua la fede e l’arte,
e giá da voi ghirlanda 230non sogna e non dimanda.
perché di malve e d’alighe
non vuol fregiarsi il crin.
Canta, e, cantando, arridimi,
tu de’ miei dí sorella, 235astro nel ciel, sul pelago
volante navicella,
al petto inerme e nudo
gentil lorica e scudo,
nome al mio nome, e lampana 240sul mio sepolcro alfin.