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Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu/38

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32 i - edmenegarda

è colpa in me, ch’io vo’ punir. —
Siffatti
son d’Arrigo i pensieri. E cerca ovunque
95disviarne la mente. Ecco; alla sua
leggiadra donna d’abbellirsi a festa
amabilmente impera.
— Il gaio mondo
vola a’ teatri. Edmenegarda, altèro
fammi di te, tra tutte quante bella!
100Sentirai la virtú delle immortali
melodie di Rossini in bocca a questo
angelo ispano! Tutt’Europa ai canti
della Garcìa sospira. —
Allegra accolse
e timida l’invito. Eran piú giorni
105che nol vedeva, consigliero a entrambi
il prudente timor. Forse tra’ mille
ritrovato coi destri occhi amorosi
quella sera l’avria.
Quanta vaghezza
d’abiti e forme! e che tesor si spande
110di profumi e di luce, e che diffusa
e terribile e mesta onda di note
per la bella Fenice!
Inni di gloria,
canti d’amor, selvagge ire dal petto
fulmina Otello, e solitario cade
115di Desdemona il pianto, e sotto i salci
freme l’arpa divina.
Oh! chi non arde,
chi non gela a le lunghe e disperate
note d’amor, di gelosia, di morte?
Suonano le commosse aure di grida;
120palpita Arrigo; ed ella, in quei tumulti
soffocando il terror, giú nella folla
furtivamente il suo Leoni affisa,