che del tuo Doria l’opre ammirande
ti fêr gentile, libera e grande.
E vidi altèro sui flutti illesi
battere il remo dei genovesi; 65del lor vessillo sotto all’impero
curvarsi i cento dello straniero;
e aprir le braccia l’ampia cittate
alle arrivanti galee dorate,
che a lei versavano dalla marina, 70qual sulle vesti d’una regina,
di gemme e perle ricchezze immani,
compre col sangue sugli oceani.
Poi, quando, vaga d’altro cammino,
l’ala possente del tuo destino, 75da te fuggendo, sulle tue mura
lasciò lo spettro della sventura,
Genova bella, quel mesto giorno,
una grand’ombra ti venne intorno.
E, non pensando l’offesa antica 80della irridente patria nimica:
— Fa’ cor — ti disse: — sia caso o merto,
di tante glorie ti fugge il serto;
ma, a rattenerlo sulle tue chiome,
basta il mio nome! basta il mio nome! — 85Oh quante volte lo spirto errante
del tuo Colombo, Genova, oh quante
volte, fermato tra il mare e il porto,
t’avrá gridato questo conforto.
Tal, dalle punte di quell’altura 90movendo gli occhi sulla pianura,
co’ suoi fantasmi, lieta o dolente,
Genova apparve nella mia mente;
e cosí venni sopra i tuoi lidi;
Genova bella, cosí ti vidi. 95Del flutto azzurro nell’ampio velo
dalla sua curva cadeva il cielo