Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/245

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8
Questa parola d’un vel d’affanno
deh, non t’oscuri l’amabil viso!
In tristi giorni viver è danno,
pur consolati dal tuo sorriso;
eppoi la gloria d’un grande amore
meglio si sente quando si muore.
9
So ben che sopra defunta spoglia
brevi dell’uomo durano i lai,
come su pioppo di morta foglia
canto d’augello non dura assai;
ché chi dell’oggi segue le larve
raro sospira su ciò che sparve.
10
Ma i’ credo e spero che, chiuse Tossa
in pochi palmi d’aiuola verde,
tu qualche giglio sulla mia fossa
darai piangendo; se non si perde
nell’infinito mar dell’oblio
la navicella del canto mio.
11
Però, in quel giorno, come tu stessa,
prenderò il volo per altri mondi:
tu me n’hai fatto la gran promessa,
e tu, fanciulla, me ne rispondi,
alto levando la nivea mano
verso un pianeta lontan lontano.
12
Dunque, o fanciulla, voghiam sull’acque,
voghiam cercando quel dolce porto:
s’io t’ho seguita, come a te piacque,
e tu mi guida, felice o morto,
verso la piaga dove tu dèi
stringerti meco d’altri imenei.