Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/328

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55Pellegrinando dai siderei regni,
tratto tratto qualcun degl’immortali
va per la terra; ma l’ambrosio capo
piuttosto ai muschi della valle adagia,
o all’aperto del monte, e gli s’oscura,
60guardando alle cittá, l’aura del viso.
Dimori ai campi e consultar t’approda
l’ora del tempo? Tel sa dir la rana
del fossatello, o il voi della cornacchia,
o, sospesa alle tue tiglie, la gaia
65rondine o il chiaro vento alla foresta;
ché, in servigio deH’uom, Giove alle belve
die’ profetici istinti e spirto e voce
alla nuvola, all’aria ed alle stelle.
Hai novali del tuo? Semina e mieti.
70quando la gru che naviga per Paltò
con suo fil te ne avverte, o la cicala
che con la pancia in su dentro i maggesi
canta alla luna. Hai sacro arbor d’oliva
o di vite a potar, che ti ricangi
75di grappoli e di bacche? Al tempo attendi
che fiora il biancospini né piú le scalza,
quando bavosa su pei tronchi repe
la lumachella. Son precetti antichi,
che la nova dottrina ancor dall’uso
80non cancellò. Se nulla hai di cotesto,
ed in paterna povertá sei nato,
l’anima innalza, e fa’ col tuo cervello,
e con le mani tue l’opra che basti
a darti il pane: il pan sotto le stelle
85è cibo sacro, se noi mangi in ira,
ma ringrazi gli dèi che te lo danno
senza colpa o vergogna. Odia tre cose
piú che il morbo, la Parca e PAcheronte:
ozio, invidia e vendetta. Il piú felice
90de’ mortali è colui ch’altri mortali