Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/50

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conscia di sua grand’alma, a temperarsi
475da novo eccidio, e far men vasto il lutto
delle puniche madri e delle spose,
giá in negre bende.
— Non temer, mia donna:
troppo sangue s’è sparso. E su quell’onda
ancor fumante con letizia gli occhi
480io giá non pongo. Ma voluta ei l’hanno
questa orrenda battaglia. Avidi e stolti
tentar coi vasti desidèri il cielo.
Vanne, e riporta che lelón fra breve
detterá i patti. E non saran, coni’essi
485giá li mertár; ma come all’uom li insegna
la gran mente de’ numi. —
In cotal guisa
soavemente l’accommiata. E solo
con sé medesmo si raccoglie, e sciama,
nell’antico pensier che gli martella
490l’anima eccelsa:
— È al fi n risolto il fiero
gioco dei brandi. La vittoria è mia.
Vendicata è Sicilia. Han combattuto
l’ombre degli avi colle nostre spade.
Ci sorriser gli dèi.
Che gioverebbe
495chieder tesori al vinto od immolarlo
sull’altar dell’eccidio? Altri disegni
da me, ch’uom nacqui in secolo di belve,
la dolorosa Umanitá s’aspetta.
Questa è l’ora, e non fugge; io l’ho nel pugno
500il destin me l’ha data. Or la consacri
la ragion de’celesti.
Io sulla terra
ospite venni e la trovai giá antica.
Vi posi il guardo col tcrror nell’alma,
e, aimè! la vidi sigillata in fronte