Pagina:Prima lettera pastorale di monsignor Lorenzo Gastaldi arcivescovo di Torino.djvu/5

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dalle sue doti? Come potremo degnamente addottrinare questo gregge in cui sono tante migliaia d’anime; come santificarlo con la potenza di preclari esempi e con la efficacia d’uno zelo e d’una vigilanza e d’una attività che rispondano a tanti e così varii bisogni?

A tali domande, prima di poter dare risposta, necessariamente l’anima si commuove, e la mente sentesi conturbata ed assalita da giusto timore di non aver forse a subire una caduta altrettanto più rovinosa quanto sublime è l’altezza del posto, a cui Ci vediamo sollevati.

Codesto terrore però non Ci toglie il coraggio necessario per assumerci sugli omeri il carico enorme che Ci viene imposto. Imperocchè Noi riflettiamo (e quivi è la risposta a quelle domande), che anche la grandezza di San Massimo venne da Dio, e solo da Dio, il quale lo riempì de’ suoi doni, e gli diede in aiuto dei Sacerdoti che cooperassero con esso lui a ben coltivare questa mistica vigna: e il sommo Iddio, che da tanti secoli si mostrò così benigno e sì largo de’ suoi favori verso la Chiesa torinese, e la fornì in ogni età di Vescovi e Sacerdoti che erano proprio all’altezza del loro sacro carattere; e la adornò d’una delle più preziose Reliquie della Passione del nostro divin Redentore, e dei portenti più celebri della sua mano; e la arricchì sì fattamente di Santuarii, delle ricordanze dei Martiri e di altri Santi, e di sì meravigliosi e celebri Instituti di carità; il sommo Iddio, che per mezzo del suo Vicario in terra Ci ha chiamati contro ogni Nostra aspettazione a questa cattedra così eccelsa, si degnerà, lo confidiamo, di assisterci; sarà