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canto quinto. 87

9 Però che già per tutto l’oriente
     La fama di costui molto sonava.
     Il messaggier n’andò subitamente,
     Al re Corbante si rappresentava.
     E spose la ’mbasciata saviamente;
     Per che Corbante a Rinaldo parlava,
     Come il re Carador quel messo manda,
     E la sua figlia a lui si raccomanda.

10 Se tu credessi da questo martoro
     Liberar la donzella, io ti conforto
     Dicea Corbante, andare a Caradoro;
     Però ch’io so che Manfredonio ha il torto,
     Ed ha menato tutto il concistoro;
     Forse, se fia da te punito e morto,
     Re Caradoro si battezzerae,
     Come ho fatt’io, e Cristo adorerae.

11 Rinaldo dall’abate prima intese,
     Che in quel paese avea mandato Orlando;
     Rispose, A Manfredon, molto cortese,
     La testa leverò con questo brando,
     O re Corbante; ch’a sì giuste imprese
     Sarò sempre disposto a tuo comando.
     Dicea Corbante: Caradoro è antico
     Parente nostro, e discreto all’amico.

12 Disse Rinaldo: Or rispondi al valletto,
     Che per amor di te ne son contento;
     Ed ho speranza, e così gli prometto,
     Di salvar la sua gente fuori e drento;
     E Manfredonio il campo a suo dispetto
     Leverà presto, e le bandiere al vento.
     Corbante il ringraziò benignamente
     Delle parole, che sì grate sente.

13 E poi si volse al messo saracino:
     Dirai, che volentier la impresa piglia,
     A Caradoro, questo paladino,
     E del suo ardir si farà maraviglia:
     Sia chi si vuol del popol d’Apollino,
     Ch’a nessun questo volgerà la briglia;
     Se fussi Orlando, quel ch’ha tanta fama,
     Nol temerebbe; così di alla dama.