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106 il morgante maggiore.

24 Detto gli fu, come e’ son capitati
     Tre cavalier famosi a Caradoro,
     E paion molto arditi e bene armati,
     Ma non sapeva alcun de’ nomi loro,
     Se non che tutti assai s’eron vantati
     Alla sua gente dar molto martoro,
     E ch’egli avevon sotto corridori,
     Che mai si vide i più belli e migliori.

25 Orlando pose orecchio alle parole:
     Sarebbe questo Rinaldo d’Amone?
     Ma poi diceva: Rinaldo non suole,
     Come color dicien, menar lione:
     Poi disse: Imbasciador mandar si vuole,
     Per uscir fuor d’ogni suspizione,
     A Caradoro, e dirgli, così parmi,
     Ch’io vo’ con questi cavalier provarmi.

26 A Manfredonio piacque il suo parlare,
     E subito mandorno imbascieria;
     Erano ancor coloro a ragionare:
     Caradoro a Rinaldo si volgia,
     Dicendo: Pro’ baron, che vuoi tu fare?
     Rinaldo sfavillava tuttavia;
     Pargli mill’anni d’esser con Orlando,
     E disse: Io sono in punto al tuo comando.

27 E Ulivier soggiugneva di costa17:
     Del diciannove18 ognun terrà lo ’nvito,
     E così fate per noi la risposta.
     Ah, Ulivier, Amor ti fa sì ardito!
     Dite che al campo ne venga a sua posta.
     Lo imbasciador tornò ch’aveva udito,
     E disse a Manfredonio: E’ son contenti,
     E prezzon poco te colle tue genti.

28 E’ mi pareva, a guardagli nel volto,
     Che tra lor fussi del combatter gaggio19,
     Ch’ognun pel primo volessi esser tolto,
     Tanto fier si mostravan nel visaggio.
     Rispose Orlando: E’ non passerà molto
     Che parleranno d’un altro linguaggio.
     Disse Morgante: Io vo’ con un fuscello
     Di tutt’a tre costor far un fardello.