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canto settimo. 121

14 Non lo impiccar, disse Morgante presto:
     dice Brunoro ch’io ’l meni alla terra,
     E dè’ saper per quel ch’e’ faccia per questo;
     Tu sai ch’egli è fidato, e ch’ e’ non erra.
     Rispose Manfredon: Venga il capresto,
     Io vo’ impiccarlo come s’usa in guerra;
     Sia che si vuole, o seguane al fin doglia,
     Ch’io mi trarrò, Morgante, questa voglia.

15 Dicea Morgante: Il tuo peggio farai,
     Chè si potrebbe disdegnar Brunòro;
     E se tu perdi lui, tu perderai
     Me e il tuo stato col tuo concistoro:
     Io il menerò, se tu mi crederai;
     Credo ch' accordo tratti Caradoro;
     E forse ti darà la sua figliuola,
     Ch’io n’ho sentito anch’io qualche parola.

16 Manfredon disse: Per lo Iddio Macone
     È già due dì ch’io giurai d’impiccarlo,
     Come tu vedi, innanzi al padiglione;
     Non è Macone Iddio da spergiurarlo.
     Allor chiamava il suo Cristo Dodone,
     Che non dovessi così abbandonarlo.
     Morgante, udendo far questa risposta,
     A Manfredon più dappresso s’accosta.

17 Il padiglione squadrava dintorno,
     Vide ch’egli era un padiglion da sogni;
     Prima pensò d’appiccarli un susorno4
     Al capo, e dir ch’a suo modo zampogni;
     Poi disse: Questo sare’ poco scorno,
     E credo ch’altro unguento qui bisogni:
     E finalmente il padiglion ciuffava
     Di sopra, e tutte le corde spezzava.

18 Dette una scossa sì fiera e villana,
     Ch’arebbe fatto cader un castello;
     O s’egli avessi scossa Pietrapana,
     Arebbe fatto come fece a quello:
     Così in un tratto il padiglion giù spiana,
     E d’ogni cosa ne fece un fardello,
     E Manfredonio e Dodon vi ravvolse,
     E fuggì via, e ’l suo battaglio tolse.

I. 11