Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/142

Da Wikisource.

canto settimo. 123

24 Morgante con Dodon suo se n’andava,
     E rimenollo a Rinaldo ed Orlando,
     E la novella a costor raccontava,
     Come il Pagan venne al fiume gittando;
     E che sia morto con seco pensava,
     E come il padiglion venne spianando.
     Non domandar che risa fuor si caccia;
     E Dodon mille volte Orlando abbraccia.

25 E intese tutto ciò ch’era seguito,
     E come Gan gli seguitava ancora.
     Re Manfredon, che s’era risentito,
     Con gran sospiri in sul campo dimora,
     Maravigliato del gigante ardito;
     E come uscito dell’acqua era fora,
     E d’ogni cosa che gli era incontrato,
     Gli pareva a lui stesso aver sognato.

26 In questo giunse un messaggier di Gano,
     Che l’avvisava come Caradoro;
     E com’ e’ v’è il signor di Montalbano,
     E Ulivieri e Dodon con costoro,
     E nel suo campo il Senator Romano,
     E che cercavan sol del suo martoro;
     E come il tradimento doppio andava,
     Per pigliar due colombi a una fava.

27 Ah, disse Manfredonio, or la cagione
     So perchè Orlando è ito alla cittade:
     E quel prigion doveva esser Dodone;
     Or si conosce la lor falsitade:
     Or son tradito, or son giunto al boccone,10
     E vassi pur a Roma per più strade:
     Ma traditor non credevo che il conte
     Fussi, nè ignun del sangue di Chiarmonte.

28 Or aremo acquistata qua la dama,
     E Caradoro vinto con assedio;
     Questi son paladin di tanta fama,
     Ch’io non conosco al mio stato rimedio:
     Questo gigante ha condotto la trama,
     Perchè più in dubbio mi teneva e tedio,
     Che fussin tutti baroni affricanti,
     Chè tra’ Cristian non suol’esser giganti.