79 Quest’ ultima parola al cor s’affisse
A Manfredonio udendo la donzella,
Che mai più fermo in diaspro si scrisse:
Volea parlare, e manca la favella;
Ma finalmente pur piangendo disse:
Aspetta tempo, e miglior fato e stella,
Poi ch’al ciel piace, e tórnati in Soria;
Quanto son vinto da tal cortesia!
80 Quando sará quel dì, quando fia questo?
Or quel che non si puó, voler non deggio.
Io tornerò, per non t’esser molesto;
Ricórdati di me, ch’altro non chieggio:
Col popol mio, con quel che c’è di resto,
Chè molti morti pel campo ne veggio,
Ritornerò sanza speranza alcuna,
Nel regno mio, se così vuol fortuna.
81 E per tuo amor terrò questo gioiello,
Questo sempre sarà presso al mio core:
S’io ho peccato, lasso meschinello,
Contro al tuo padre, contro al mio signore,
Incolpane colui ch’è stato quello
Che m’ha condotto dove vuole, Amore;
E in ogni modo a te chieggio perdono,
E viver per tuo amor contento sono.
82 E poi si volse al marchese Ulivieri,
E chiese a lui perdon del cadimento:
Ulivier gli perdona volentieri,
Chè del suo dipartir troppo è contento,
Perchè eran due gran ghiotti a un taglieri;
Ed era stato alle parole attento
Che dette avea Meridiana a quello,
E confermato e postovi il suggello.
83 E poi ch’egli ebbe lagrimato alquanto,
Re Manfredonio al fin s’accommiatava;
E la donzella con sospiri e pianto,
Addio dicendo, la man gli toccava:
E dèi pensar se si cavorno il guanto.
Ulivier presto Orlando ritrovava,
E dicea ciò ch’egli avea fermo e saldo:
E molto piacque ad Orlando e Rinaldo.