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canto settimo. 137

42. molte uova succia. Succiare è attrarre a sè l’umore e il sugo, e quel tirare che si fa del fiato a sè, ristringendosi in sè stesso quando o per colpo o per altro si sente grave dolore.

43. che facieno a sonaglio. Fare a sonaglio è lo stesso che fare a mosca cieca; ed è un certo giuoco puerile, nel quale uno dei ragazzi, tirato a sorte, deve bendarsi gli occhi, e gli altri colle mani o con altra cosa si danno a percuoterlo, ed egli così alla cieca si va rivoltando, e percuotendo, e cui giugne colla percossa deve bendarsi in sua vece; il che dicesi star sotto. E perchè colui che sta sotto cerca di menar colpi forti, n’è venuto il modo di dire dare a mosca cieca, dare a sonaglio, e simili, per menar colpi spietati. Questo giuoco della mosca cieca era usato eziandio dagli antichi, i quali chiamavanlo Musca ænea.

44. assilli. Insetti della specie delle mosche, ma alquanto più grossi. I Latini gli chiamarono Asili, e i Greci οἶστροι, onde Virgilio disse nel terzo delle Georgiche:

. . . . . . . . . . . . . cui nomen asilo
Romanum est, œstron Graii vertere vocantes.

E perchè gli animali punti da tali insetti montano in grandissima smania, si è detto assillare per infuriare e smaniare, nel modo stesso che i Greci da οἶστρον fecero οἴστρειν, che egualmente significa montar nelle smanie, nelle furie. Chiamarono questo stesso animale anche μύωψ, onde Eschilo ne’ Supplichevoli:

βοηλάτην μύωπα, κινητήριον
οἶστρον καλοῦσιν αὐτὸν οἱ Νείλου πέλας.

Dai quali versi apparisce essere la voce οἶστρον d’origine egiziana. Noi chiamiamo lo stesso insetto anche tafano, dal latino tabanus, e mosca culaia, perchè punge gli armenti, per lo più, sotto la coda.

47. Così avvien. Cioè, così incontra a chi vuol porsi nel pericolo senza bisogno.

49. e la rosta menava. Rosta chiamasi qualunque arnese atto a far vento, che i Latini chiamavan flabellum, e che era fatto in principio di foglie di alberi, specialmente di mirto, di acacia e di platano; da che per similitudine si dissero roste anche i ramucelli frondosi, onde Dante cantò:

. . . . . . . . . . fuggendo sì forte,
Che della selva rompieno ogni rosta.

In questo luogo figuratamente è dato il nome di rosta al battaglio che Morgante andava agitando.

52. ch’omai faranno lezzo. Coi lor cadaveri ammorberanno l’ aria; chè lezzo è mal’odore prodotto da checchessia, e viene dal latino olere in questo modo: olere, oletum, oletium, letium, letio, lezo, lezzo. Così il Menagio.

54. certi sergozzoni. Gli architetti chiamano sergozzoni quei sostegni, che comunemente diconsi mensole; e da questi si è esteso tal nome a colpi dati colla man chiusa allo ’nsù; quasi che, osserva la Crusca, dando si faccia mensola alle mascelle. Viene da sotto e da gozzo, perchè è colpo dato sotto il gozzo. Comunemente dicesi ora sorgozzone.

55. a toccare a martello. A percuotere, a ferire. Martello deriva dal latino marcus che ha lo stesso significato, sebbene il Giambullari voglia farlo voce d’origine etrusca. — non temer, Morgante, ec. Tolto da ciò che narrasi di Giulio Cesare, il quale essendo in nave, e levatasi gran tempesta, e il nocchiero facendo segno d’aver gran paura, rivoltoglisi esclamò: Quid times? Cæsarem vehis.

56. 'mortiti. È il mortito una specie di manicaretto a modo di gelatina, detto così, secondo la Crusca, dall’essere infuse dentro coccole di mortine, cioè mortella. Vedi in questo a Canto XXIII, St. 38, e a Canto XXVII, St. 56.

59. imbrocca. Cioè, si oppone. Imbroccare val propriamente còrre nel segno, σκοποῦ ἐπιτυγχάνειν. Forse dal latino brocchus che significa un dente che non sta in fila o in linea