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canto ottavo. 139

3 Or chi avessi il gran pianto veduto,
     Che nel suo dipartir fa la sua gente,
     Certo ch’assai gliene saria incresciuto:
     Chi morto il padre lascia, e chi ’l parente,
     E così morto l’ha riconosciuto,
     Onde piangea di lui miseramente;
     Chi ’l suo fratello, e chi l’amico abbraccia,
     Chi si percuote il petto, e chi la faccia.

4 Eravi alcun che cavava l’elmetto
     Al suo figliuolo, al suo cognato, o padre,
     Poi lo baciava con pietoso affetto,
     E dicea: Lasso, fra le nostre squadre
     Non tornerai in Soria più, poveretto;
     Che direm noi alla tua afflitta madre,
     O chi sarà più quel che la conforti?
     Tu ti riman cogli altri al campo morti.

5 Altri dicea pel cammin cavalcando:
     Non si dovea tanta gente pagana
     Menar però così qua tapinando:
     Certo non era la dama sovrana
     Di tanto prezzo, quant’or vien costando;
     Or hai tu, Manfredonio, Meridiana?
     Or se ne va la tua gente sbandita;
     E mancò poco a lasciar qua la vita.

6 Teco menasti tutta Pagania,
     Come tu andassi per Elena a Troia;
     Ora hai tu fatta la tua voglia ria,
     E se’ cagion che tanta gente muoia.
     E così Manfredon ne va in Soria
     Afflitto, sconsolato, in pianto, e in noia;
     Così chi segue ogni sfrenata voglia,
     Lasciando la ragion, sente al fin doglia.

7 Orlando con Rinaldo ed Ulivieri
     Si ritornorno, e Dodone e Morgante,
     Con Caradoro e tutti i cavalieri,
     Colle bandiere al vento trionfante;1
     Gran festa è fatta a’ cristian battaglieri
     Da tutto quanto il popolo affricante,
     Suonansi corni e trombette e tamburi,
     Fannosi fuochi e balli sopra i muri.