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canto ottavo. 147

43 E se non v’è Rinaldo ed Ulivieri,
     E se non v’è Orlando tanto forte,
     E’ v’è quel valoroso e franco Uggieri,
     Ch’a tanti Saracin già dato ha morte,
     E quel famoso e degno Berlinghieri,
     Ottone, e tanti altri baroni in corte:
     Per mio consiglio al campo ti starai,
     Pur, se ti piace, a tuo modo farai.

44 Astolfo in quella notte cavalcoe
     Inverso Montalban tutto soletto,
     Perchè e’ non v’è Rinaldo dubitoe
     D’Alardo, di Guicciardo e Ricciardetto:
     Ma giunto ov’era il campo riscontroe
     Certi Pagani, e fu preso in effetto;
     E fu menato preso all’ammirante,
     Ch’era chiamato il fiero Lionfante.

45 Lionfante comincia a dimandare
     Di Carlo, di sua gente e sua possanza,
     E la cagion che vengon per guastare
     Montalban, come tosto avea speranza;
     Dice che voglion Mambrin vendicare,
     Perchè Rinaldo fe troppa fallanza,
     A tradimento uccider quel signore,
     E mancò troppo, al suo parer, d’onore.

46 E che per questo faria tanta guerra,
     Per vendicar questo peccato antico.
     A lui rispose il signor d’Inghilterra:
     Ascolta, Lionfante, quel ch’io dico:
     Pel mio Gesù, che chi dice ciò erra,
     Perch’ e’ l’uccise come suo nimico,
     A corpo a corpo, e sanza tradimento,
     E non vi fu difetto o mancamento.

47 E raccontò la cosa in tal maniera,
     Che Lionfante restò paziente,
     E disse: Poi ch’io so la storia vera,
     Per mia fe’ ora ch’io ne son dolente
     Aver condotta qua la mia bandiera:
     Esser vorre’ in Soria con questa gente;
     Chè poi ch’a tradimento e’ non fu morto,
     Erminion per Macometto ha il torto.