8 Assai con teco abbiam fatto dimoro,
Ed onorati da tua corte assai;
La tua benedizion, re Caradoro,
Dunque ci dona, e 'n pace rimarrai:
Del tempo, che perduto abbiam, ristoro
Sarà buon fare, e me’ tardi che mai;
Qualche paese ancor cercar vogliamo,
Prima che in Francia a Carlo ritorniamo.
9 Carador consentì la lor partita,
E ringraziolli con giusti sermoni,
Dicendo: Il regno mio sempre e la vita
In tutto è vostro, degni alti baroni.
Poi fe venir la donzella pulita,9
E fece lor leggiadri e ricchi doni:
Ma la fanciulla chiamò poi da canto
Ulivier nostro, facendo gran pianto.
10 Dicendo: Lassa, io non ho meritato
Che m’abbandoni, mio gentile amante;
Dove lasci il cor mio sì sconsolato?
Tu mi dicevi sempre esser costante,
Or tu ti parti, ed io non so in qual lato
Da te mi fugga, in ponente o in levante;
E quel che sopra tutto m’è gran duolo,
È del tuo sventurato e mio figliuolo.
11 Vedi che sola e gravida rimango,
Sanza sperar più te riveder mai;
Però del mio dolor con teco piango;
Ma questa grazia mi concederai,
Che poi che pur di duol la mente affrango,
Con teco insieme me ne menerai:
E in ogni parte ove tu andrai cercando,
Ne vo’ con teco venir tapinando.
12 Ulivier confortava la donzella,
E dice: Dama, e’ non passerà molto,
Com’io son ricondotto in Francia bella,
Ch’a te ritornerò con lieto volto:
Però non ti chiamar sì tapinella,10
Ch’io son legato, e mai non sarò sciolto;
E ’l figliuol nostro, quando sarà nato,
Per lo mio amor ti sia raccomandato.