Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/189

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170 il morgante maggiore.

48 Così fu fatto, e missesi in cammino;
     E tanto va questo baron gagliardo,
     Che a Carador famoso saracino,
     Giunse un dì in su la piazza con Baiardo.
     Riconosciuto è presto il paladino;
     Diceva Carador: Se ben riguardo,
     Quest’è Dodon, che ci torna a vedere;
     E quel par di Rinaldo il buon destriere.

49 Meridiana, che ’l conobbe presto,
     Giù per la scala correva abbracciallo,
     Dicendo: Dodon mio, che gaudio è questo!
     Io ti conobbi subito al cavallo:
     Ch’è d’Ulivier? deh fammel manifesto,
     Chè di saperlo ho voglia sanza fallo.
     Disse Dodone: Ulivier tuo ti manda
     Mille salute22, e ti si raccomanda.

50 Or chi vedessi la dama amorosa,
     Subito come di Dodon s’accorse,
     Farsi nel volto come fresca rosa,
     E come presto abbracciarlo poi corse,
     E domandò dove Ulivier si posa;
     Non istarebbe del suo core in forse:
     Ch’è di Rinaldo, dicea, baron franco?
     Tu debbi, Dodon nostro, essere stanco.

51 Ch’è di quel paladin, ch’ogni altro avanza,
     Orlando nostro famoso e possente?
     Chè di saper di tutti ho disianza.
     Intanto Caradoro era presente,
     E salutò Dodone, com’è usanza;
     Poi domandava di tutta la gente.
     Dodon rispose: In paesi lontani
     Gli lasciai in Danismarche salvi e sani.

52 E la cagion che a te son qui venuto,
     È che mi manda Rinaldo d’Amone,
     E ’l conte Orlando, e che bisogna aiuto
     Al nostro Carlo Man, ch’Erminione
     A Montalban più giorni ha combattuto,
     Ed assediato col suo gonfalone:
     Convien ch’i’ meni tue genti e Morgante.
     In questo tempo comparì il gigante.