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canto decimo. 203

104 Carlo rispose a lui cortesemente,
     Ch’a suo piacer venisse Erminione;
     Venne, e con seco menò poca gente
     Per gentilezza e per sua discrezione:
     Carlo lo vide molto lietamente,
     E sempre a man sinistra se gli pone;
     Quantunque il re pagan ciò non volia,34
     Ma Carlo gliel domanda in cortesia.

105 Rinaldo venne, e seco ha Ricciardetto
     In compagnia, e ’l signor d’Inghilterra,
     Che molto gli ha quest’impresa disdetto,
     Che con Orlando non debbi far guerra;
     Abbraccia Orlando quanto può più stretto,
     Ed Ulivieri e Morgante poi afferra:
     Meridiana quanto puote onora,
     Perchè veduti non gli aveva ancora.

106 E poi diceva: O nostro Carlo Magno,
     Com'hai tu consentito a tanto errore?
     Tu non ci acquisti, al mio parer, guadagno,
     E non sai quanto tu perdi d’onore:
     Se tu perdessi un sì fatto compagno,
     Quant'è Rinaldo, saria il tuo peggiore;
     Se tu perdessi il tuo caro nipote,
     Di dolor poi graffieresti le gote.

107 Che cosa è questa? un sì piccolo sdegno
     Per due parole ancor non si perdona?
     O Carlo imperador famoso e degno,
     Questa non è giusta impresa nè buona:
     Per Dio, della ragion trapassi il segno.
     Carlo diceva fra sè: La corona
     Non mi torrà di testa più Rinaldo;
     E stava nel proposito suo saldo.

108 Orlando intanto a Rinaldo s’accosta,
     E dice: Se’ tu, cugino, ostinato
     Combatter meco? Se vuogli, a tua posta
     Piglia del campo, e ciascun sia sfidato.
     Rinaldo non gli fece altra risposta,
     Se non che presto il cavallo ha voltato.
     Carlo diceva: Io ne son malcontento;
     Dicea di fuor, ma nol diceva drento.