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canto decimoprimo. 223

24 E perchè più s’accendessi Rinaldo,
     Diceva a Carlo un dì: La corte nostra
     Par tutta in ozio per questo ribaldo,
     Che co’ ladroni alle strade si mostra:
     Io sono in questo proposito saldo,
     Che si vorrebbe ordinare una giostra,
     Per sollazzar la corte, e ’l popol prima,
     E non mostrar far di Rinaldo stima.

25 Carlo gli piacque quel che Gan diceva,
     E fe per tutto Parigi bandire,
     Come il tal dì la giostra si faceva;
     Che chi volessi, potessi venire:
     Tutta la corte piacer ne prendeva:
     Gan per potere ogni cosa fornire,
     E per parere a ciò di miglior voglia,
     In punto misse Grifon d’Altafoglia.

26 Quest’era della schiatta di Maganza:
     Orlando s’era di corte partito:
     Gan gli diceva: O Grifon di possanza,
     Poi che non c’è Rinaldo, ch’è sbandito
     Con tutti gli altri, accettar dèi la danza,
     Ch’Orlando non si sa dove sia ito.
     Grifon rispose al suo degno signore:
     Io farò sì che vi farò onore.

27 Venne la giostra e ’l tempo deputato,
     Ed ordinò lo ’mperador per segno
     D’onore a quel che l’arà meritato,
     Un bel carbonchio molto ricco e degno,
     Che in un bel gambo d’oro era legato:
     Fuvvi gran gente di tutto il suo regno,
     E molta baronia viene alla giostra;
     Grifone il primo in sul campo si mostra.

28 Rinaldo un giorno un suo falcon pascendo,
     Ecco venire il fratel Malagigi,
     E come e’ giunse, diceva ridendo:
     Non sai tu come e’ si giostra a Parigi?
     Che tu vi vadi a ogni modo intendo,
     Isconosciuto con istran vestigi;5
     Ed una barba d’erba porterai,
     Che conosciuto da nessun sarai.