Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/270

Da Wikisource.

canto decimosecondo. 251

23 Rinaldo era venuto, come scrisse
     Astolfo, e con sua gente stava attento
     Aspettar che ’l fratel di fuor venisse;
     Vide in un tratto gli stendardi al vento
     Prima che fuor Ricciardetto apparisse,
     E Smeriglion che si facea contento,
     E molto a quel mestier pareva destro,
     E ’l buon Vivian ch’era l’altro maestro.

24 Non aspettò che, come Astolfo, venga
     Fino alle forche, ma tosto si mosse,
     Acciò ch’alcuno scherno non sostenga,
     Che nella fronte sputato gli fosse;
     Verso la porta par che ’l cammin tenga;
     Tra’ Maganzesi in un tratto percosse;
     E Ricciardetto suo fu sciolto presto,
     Che, com’Astolfo, al collo avea il capresto.

25 Or qua or là si scaglia con Baiardo,
     E fece cose quel dì con Frusberta,
     Che chi ’l dicessi fia detto bugiardo;
     Ma come fu la novella scoperta,
     Ognun fuggiva: in questo tempo Alardo
     Ismeriglion colla zucca scoperta
     Trovava, e con un colpo, che diè a quello,
     Gli partì il capo, e fessegli il cervello.

26 E poi si volse con molta tempesta
     Verso Vivian da Pontier, ch’era appresso,
     E colla spada gli diè in sulla testa,
     L’elmo e la cuffia insino al mento ha fesso:
     Rinaldo a Gan terminò far la festa,
     E finalmente s’appicca con esso:
     E ’n su ’l braccio d’un colpo l’ha ferito,
     Che cadde in terra pel duol tramortito.

27 E fu portato come morto via;
     E Ricciardetto sopra un destrier monta,
     Che Smeriglione abbandonato avia,
     E colla spada tra costor s’affronta:
     E colpi e le gran cose che facia,
     Per non tediar chi legge, non si conta:
     Carlo era corso già insino alla porta,
     Vide Rinaldo, e molta gente morta