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262 il morgante maggiore.

78 Non potea l’Amostante creder questo,
     E domandava pur per più certezza:
     Di’ ch’uccidesti il gigante molesto?
     Poi l’abbracciò per la molta allegrezza,
     Dicendo: Poco mi curo del resto.
     La damigella con gran tenerezza
     Corse abbracciare Orlando incontanente,
     Ch’a dire il vero non gli spiacque niente;

79 E men saria dispiaciuto a Rinaldo.
     Dove se’ tu, signor di Montalbano?
     Diceva Orlando, tu staresti saldo,
     S’ancor più oltre stendessi la mano.
     Dunque tu di’ c’hai morto Marcovaldo,
     Disse la dama, cavalier sovrano?
     Sia benedetto chi ti generoe!
     E mille volte Macon ringrazioe.

80 Avea già Chiariella posto amore
     Al conte Orlando, tanto gli è piaciuto;
     E già Cupido la saetta al core.
     Or ritorniamo al Soldan, c’ha saputo,
     Che Marcovaldo è della vita fore;
     E gran dolor n’avea, come è dovuto,
     E ’l viso tutto di lacrime bagna,
     Quand’e’ guardava inverso la montagna.

81 Ma chi l’uccise saper non potea:
     Detto gli fu ch’egli era un viandante;
     E questo verisimil non parea,
     Sappiendo quanto era fiero il gigante:
     E per ventura seco al campo avea
     Un savio, antico e sottil negromante,
     E disse: Fa ch’io sappi per tua arte
     Chi è colui ch’uccise il nostro Marte.

82 Il negromante allor, per ubbidire,
     Ch’era maestro di somma dottrina,
     Subito fece per arte apparire
     Quel che bisogna con sua disciplina:
     Trovò come un Cristiano il fe morire
     Che si facea14 di legge saracina,
     E come egli era col grande Amostante,
     Così trovò chi avea morto il gigante.