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canto decimoterzo. 265

ma abbattutasi in un leone che aveva la bocca tutta insanguinata, si dette, per lo spavento, a fuggire; sicchè, correndo, caddegli il velo del capo, il quale dal lione raccolto tutto lo tinse colla sanguinosa sua bocca. Sopraggiunto Piramo, e veduto il velo di Tisbe così intriso di sangue, tenne lei essere stata divorata da alcuna fiera; di che preso da disperato dolore, col proprio ferro trafittosi, cadde semivivo in quel medesimo luogo. Dove tornata indi a poco Tisbe, e veduto Piramo spirante, e l’error suo conosciuto, con quel medesimo ferro che egli, di propria mano si uccise. Ed essendo questo miserevole caso sotto di un gelso, che quivi era, avvenuto, da indi innanzi, i frutti che infine allora bianchi aveva prodotti, sempre poi rossi, come tinti dal loro sangue, menò.

82 Che si facea. Che faceva finta di essere.

83. si metteva in sodo. Si confermava.

88. più fisso. Più profondamente.




CANTO DECIMOTERZO.




ARGOMENTO.

     Riposto a Carlo il diadema in testa,
Partono Ricciardetto, ed Ulivieri
Col fier Rinaldo, il qual suona a tempesta
Sopra Marsilio re là tra gli Iberi:
Ma l’un dell’altro buon amico resta,
E a Saragozza spronano i destrieri.
Rinaldo è messo d’amor sulle roste,
E a pro d’Orlando corron per le poste.


1 Virgine sacra, d’ogni bontà piena,
     Madre di Quel per cui si canta Osanna,
     Vergine pura, Vergine serena,
     Dammi la tua cotidiana manna;
     Colla tua mano insino al fin mi mena
     Di questa storia, chè ’l tempo c’inganna,
     E la vita, e la morte, e ’l mondo cieco,
     Sicch’io faccia ascoltar ciascun con meco.

2 La damigella con dolce parole,
     Con motti ben cogitati e soavi
     Diceva al padre: Così far si vuole
     E punir sempre i frodolenti e pravi;
     Però di questo caso non mi duole,
     E vo’ che lasci a me tener le chiavi,
     E governargli, e serrare ed aprire,
     Acciò che non ci possa ignun tradire.


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