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268 il morgante maggiore.

13 Rispose l’Amostante: Mandal via;
     Se si morisse, e’ ci sare’ vergogna;
     Fa che quell’altro ben guardato sia;
     Di questo non aremo altro che rogna.3
     Disse la dama: Per la fede mia,
     Ch’io non so se farnetica o se sogna;
     Quand’io domando, e’ guata com’un matto,
     E non risponde, anco sta stupefatto.

14 E poi tornava alla prigion ridendo,
     E disse come il fatto era fornito.
     Diceva Orlando con Terigi: Intendo
     Che presto insino a Carlo ne sia gito,
     E che tu meni Vegliantin commendo,
     E dica il caso com’io son tradito
     Dall’Amostante, e truovomi in prigione,
     E quel che stato ne sia la cagione.

15 Così a Rinaldo mio dirai ancora,
     A Ulivieri, e tutta nostra corte,
     Che mi soccorrin prima che qua mora,
     Chè tutti so poi piangerien tal morte.
     Terigi si partì sanza dimora;
     Sella il cavallo, ed uscì delle porte;
     E tanto cavalcò per monte e piano,
     Che giunse ove non era Carlo Mano.

16 Perchè pensava a Parigi trovarlo,
     Ma col suo Ganellone era a Pontieri;
     Sentì come Rinaldo è fatto Carlo;
     A lui n’andava, e così a Ulivieri:
     Rinaldo, come giugneva a guardarlo,
     Subito pien fu di tristi pensieri,
     Perch’e’ piangeva sì miseramente,
     Che in modo alcuno non potea dir niente.

17 Gridò Rinaldo: Ch’è del mio cugino?
     Tu debbi certo aver mala novella.
     Allor Terigi quanto può meschino
     A gran fatica in tal modo favella:
     L’Amostante di Persia saracino
     L’ha incarcerato, e guardal Chiariella,
     Una sua figlia nobile e gradita,
     Quale ha promesso campargli la vita.