Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/324

Da Wikisource.

canto decimoquinto. 305

19 Come fu armato, saltò in sul destrieri,
     E Chiariella gli fe compagnia,
     Armata con trecento cavalieri:
     Così dall’Amostante si partia,
     Verso dell’oste pigliava il sentieri.
     Come Rinaldo apparir lo vedia,
     Che stava attento armato al padiglione,
     Subitamente montava in arcione.

20 E Luciana anche lui aveva armato,
     E datogli il destrier che gli donoe
     A Siragozza, e poi l’ha accompagnato,
     E molti cavalier seco menoe;
     Adunque il giuoco è molto pareggiato:
     E così inverso Orlando se n’andoe
     Rinaldo, e salutò cortesemente,
     E la risposta fu similemente.

21 Ma l’uno e l’altro quanto può s’ingegna
     Non essere alla voce conosciuto,
     Acciò ch’al suo disegno ognun pervegna;
     Dicea Rinaldo dopo il suo saluto:
     Io credo, cavalier, ch’al campo vegna,
     Per far coll’arme in man quel ch’è dovuto;
     Piglia del campo, ognun mostri sua forza.
     E volson l’uno a poggia, e l’altro a orza.

22 Orlando volse con tanta destrezza,
     Nel dipartirsi, al suo caval la briglia,
     Che non si vide mai tal gentilezza;
     E Luciana affisava le ciglia,
     Parvegli un atto di molta prodezza;
     Ma Chiariella con seco bisbiglia:
     Questo è pur quel che ’l mondo grida certo
     Nell’arme tanto valoroso e sperto.

23 Rivoltava il destrier Rinaldo prima;
     Comincia al modo usato a furiare:
     Orlando che sia vòlto anco si stima,
     Subito in drieto lo venne a trovare;
     Ma non potre’ qui dir prosa nè rima,
     Qual sia il valor ch’ognuno usa mostrare:
     Se Annibal parea l’un, l’altro è Marcello;
     Se l’un volava, e l’altro era un uccello.