97 Al re Gostanzo l’avevon rubata,
Ch’era signor della Bellamarina:
In questa grotta l’avevon legata,
E molto la sua vita era meschina:
E come giunse la nostra brigata,
L’un de’ giganti a Rinaldo cammina,
E in ogni modo Baiardo volea,
E minacciaval, se non ne scendea.
98 E dice: Tu potrai poi starti meco,
E menerotti per queste contrade;
Aiutera’mi a recar ciò ch’io reco,
Chè ogni giorno rubiam queste strade.
Disse Rinaldo: Dunque starò teco,
Se drieto ti verrò per le masnade?
Tu mi par poco pratico, gigante,
Ch’io non son uom da star teco per fante.
99 E detto questo, Baiardo scostava,
Poi cogli sproni in su’ fianchi ferillo,
In modo che tre lanci egli spiccava,
Che gozzivaio16 non parea ma grillo;
La lancia abbassa, e ’l gigante trovava:
In mezzo il petto col ferro ferillo,
E passò il cuore al gigante gagliardo,
Ed anco d’urto gli diè con Baiardo.
100 Un di quegli altri ad Orlando s’accosta,
E ’n sull’elmetto gli diè sì gran picchio,
Che se non fussi che l’arme fe sosta,
E’ gli levava del capo uno spicchio.
Non si potè riavere a sua posta
Orlando, che pel duol si fece un nicchio,
E tramortito par che giù cascasse,
Ma il fer gigante di sella lo trasse,
101 E portollo di peso un mezzo miglio,
Per gittarlo in un luogo fuor di strada:
Orlando ritornò nel suo consiglio,
Videsi preso, e pigliava la spada,
E ficcolla al gigante in mezzo al ciglio,
Tanto che morto convien che giù vada:
Che per l’orecchio riuscì dal lato,
Sicchè pel colpo il gigante è cascato.