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canto decimosettimo. 359

49 Noi abbiam per un deserto camminato,
     Dove pan non si truova nè farina,
     E so che ’l mio compagno anco è affamato,
     Ch’era a caval, pensa chi a piè cammina:
     Abbiam sanza vigilia digiunato,
     Chè ci partimmo per tempo ier mattina.
     Il Veglio apparecchiar facea vivande,
     E fece lor onor subito, e grande:

50 E stanno così insieme a riposarsi.
     Or ritorniamo ov'io lasciai Antea,
     Ch’a Montalban cominciava appressarsi;
     Tanto che un giorno alle mura giugnea,
     E con sua gente comincia accamparsi:
     E poi mandò, come Gan gli dicea,
     Un messaggier di subito al castello
     Al buon Guicciardo e l’altro suo fratello.

51 Il messo andò colla 'mbasciata in fretta,
     E disse, come del Soldan la figlia
     Era venuta con molta sua setta;7
     E che non abbin di ciò maraviglia,
     Però che questo è fatto per vendetta
     Del lor fratel contro alla sua famiglia:
     Che mandin giù le chiavi del castello,
     O vengan sopra il campo a salvar quello.

52 Guicciardo a quel messaggio rispondea,
     Che non sa che vendetta o che cagione
     A quest'impresa commossa abbi Antea,
     E che restava pien d’ammirazione.
     E che le chiavi ch’ella gli chiedea
     Gli porterebbe lui sopra l’arcione,
     Per dargliel colla punta della lancia,
     Chè così era il costume di Francia.

53 Tornò il messaggio, e fece la ’mbasciata;
     Della qual cosa Antea seco sorrise:
     Guicciardo con Alardo e sua brigata
     L’altra mattina ognun l’arme si mise,
     E tutta fu la terra rafforzata,
     E con le sbarre le strade ricise;
     E vennono in sul campo armati in sella,
     Dove aspettava la gentil donzella.