24 Quivi è vivande di molte ragioni,
Pavoni, e starne, e leprette, e fagiani,
Cervi, e conigli, e di grassi capponi,
E vino, ed acqua, per bere, e per mani.
Morgante badigliava a gran bocconi,
E furno al bere infermi, al mangiar sani;
E poi che sono stati a lor diletto,
Si riposorno entro a un ricco letto.
25 Com'e’ fu l’alba ciascun si levava,
E credonsene andar come ermellini16,
Né per far conto l’oste si chiamava,
Che lo volean pagar di bagattini17;
Morgante in qua e in là per casa andava,
E non ritrova dell’uscio i confini.
Diceva Orlando: Saremo noi mezzi
Di vin, che l’uscio non si raccapezzi!
26 Questa è, s’io non m’inganno, pur la sala,
Ma le vivande e le mense sparite
Veggo che son; quivi era pur la scala,
Qui son gente stanotte comparite,
Che come noi aranno fatto gala18:
Le cose, che avanzorno, ove sono ite?
E ’n questo error un gran pezzo soggiornano;
Dovunque e’ vanno, in sulla sala tornano.
27 Non riconoscon uscio, né finestra.
Dicea Morgante: Ove siam noi entrati?
Noi smaltiremo, Orlando, la minestra,
Chè noi ci siam rinchiusi, e ’nviluppati
Come fa il bruco su per la ginestra.
Rispose Orlando: Anzi ci siam murati.
Disse Morgante: A voler il ver dirti,
Questa mi pare una stanza da spirti.
28 Questo palagio, Orlando, fia incantato,
Come far si soleva anticamente.
Orlando mille volte s’è segnato,
E non poteva a sè ritrar la mente;
Fra sè dicendo: aremol noi sognato?
Morgante dello scotto non si pente,
E disse: Io so ch’al mangiare ero desto,
Or non mi curo s’egli è sogno il resto.