28 I Maganzesi veggendo il furore,
Di subito la sala sgomberorno.
Carlo gridava: Questo è troppo errore;
Rinaldo mette sozzopra ogni giorno
La corte nostra, e fammi poco onore.
I Paladini in questo mezzo entrorno,
E tutti quanti confortâr Rinaldo,
Ch’avessi pazienza, e stessi saldo.
29 Rinaldo dicea pur: Questo fellone
Non vo’ che facci mai più tradimento;
O Carlo, o Carlo, questo Ganellone
Vedrai ch’un dì ti farà malcontento.
Carlo rispose: Rinaldo d’Amone,
Tempo è d’ adoperar sì fatto unguento;
A qualche fine ogni cosa comporto.
Disse Rinaldo: Ch’Orlando sia morto.
30 A questo fine il comporti tu, Carlo,
E che distrugga te, la corte, e ’l regno:
Io voglio il mio cugino ire a trovarlo.
Ed Ulivier dicea: Teco ne vegno.
Dodon pregò ch’e’ dovessi menarlo,
Dicendo: Fammi di tal grazia degno:
Disse Rinaldo: Tu credi ch’io andassi,
Che ’l mio Dodon con meco non menassi?
31 Chiamò Guicciardo, Alardo, e Ricciardetto:
Fate che Montalban sia ben guardato,
Tanto ch’io truovi il cugin mio perfetto:
Ognun sia presto là rappresentato;
Ch’i ho de’ traditor sempre sospetto;
E Gan fu traditor prima che nato:
Non vi fidate se non di voi stesso,
E Malagigi getti l’arte5 spesso.
32 Rinaldo, il suo Dodone, e Ulivieri
Da Carlo imperador s’accommiatorno;
E nel partirsi, questi cavalieri
Tre sopravveste verde si cacciorno,
Che in una lista rossa due cervieri
V’era, e con esse pel cammino entrorno:
Era quest’ arme d’un gran Saracino
Disceso della schiatta di Mambrino.