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canto quarto. 75

74 Non aveva Rinaldo appena detto,
     Ch’Ulivier cominciossi a risentire;
     E risentito, il re veggendo appetto
     E tanta gente, cominciò a stupire,
     Come chi nuove cose per obbietto
     Vede in un punto, e non sa che si dire:
     Ma a poco a poco rivocò la vita,
     Ed ogni ammirazion fu disparita.

75 Al popolo era orrore e maraviglia,
     Veggendo quel c’han fatto i paladini;
     Era venuta, per veder, la figlia
     Del re Corbante con que’ Saracini,
     Che ’l Sol, quand' è più lucente, simiglia,
     E tutti gli atti suoi paion divini:
     Ed Ulivier questa donzella guarda,
     Che non s’accorge ancor che ’l suo cor arda.

76 Il re Corbante al popol comandava
     Ch’alla città portato sia il serpente;
     E poi Rinaldo per la man pigliava,
     E torna alla città colla sua gente:
     E come e’ giunse alla terra, ordinava
     Di lasciar parte d’un tanto accidente
     Al secol nuovo; e quella fiera morta
     Col capo fe appiccar sopra la porta.

77 E lettere scolpite in marmo d’oro:
     Nel tal tempo, dicea, qui capitorno
     Tre paladini (e scrisse i nomi loro,
     Perchè in secreto gliel manifestorno),
     che liberarno il popol da martoro
     Per questa fiera, a cui morte donorno,
     Ch’era apparita là mirabilmente,
     E divorava tutta la sua gente.

78 E come il giorno alla fanciulla bella
     Toccava di dover morir per sorte,
     Che i tre baron vi capitorno in sella,
     Che liberata l’avean dalla morte.
     Per lunghi tempi si potea vedella
     La storia, e l’animal sopra le porte,
     Che così morto faceva paura
     A chi voleva entrar dentro alle mura.