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116 il morgante maggiore.

47 Ella vedeva innanzi i figliuol morti:
     Pensa quanto dolor la misera abbia,
     E come questo in pace mai comporti,
     Massime avendo i suoi nimici in gabbia;
     Poi si ricorda di mille altri torti
     Pur de’ suoi figli, e per grand’ira arrabbia,
     Come fa Salaí del cadimento,
     Ch’udendol ricordar par sì scontento.

48 Poi diventò più che Niel gentile;
     Non parve più Beritte, o Saliasse,
     O Squarciaferro, anzi si fece umíle;
     Nè creder come Bocco tartagliasse,
     Che come Nillo parlava sottile:
     Non par Sottin, che in francioso parlasse,
     Non Obisin per certo alla favella,
     O Rugiadam, che ne portò l’anella.

49 E non parea nel suo parlar Bilette,
     Che violò il mandal con certe chiocciole,
     O Astarot che nel cavallo stette,
     E sotto un besso gittò tante gocciole;
     Non Oratas, quel che i pippion ci dette;
     Tanto ben par che sue parole snocciole:
     Ed Aldinghier lasciò tutto dolente,
     E cominciò a parlar discretamente:

50 Io vi perdono, io vo’ con tutti pace,
     Tanto m’aggrada vostra gagliardia;
     E libero sia Gan, come vi piace:
     Disposta son non vi far villania:
     De’ miei figliuol, quantunque e’ mi dispiace,
     Altra vendetta non vo’ che ne sia,
     Se non che mai di qui non uscirete,
     E fate tutti ciò che far sapete.

51 Era ciascun tutto maravigliato,
     E trasson di prigion subito Gano,
     Ch’era in una citerna incarcerato
     Nell’acqua, in luogo molto oscuro e strano;
     E come e’ fu di prigion liberato,
     E’ pose presto alla spada la mano:
     E vuol Creonta a ogni modo uccidere,
     E finalmente e’ la vedeva ridere.