Pagina:Pulci - Morgante maggiore II.pdf/148

Da Wikisource.

canto ventesimosecondo. 145

14 Subito tutti vanno alla cittate;
     Astolfo nel palagio gli menava,
     E molte cose insieme hanno trattate,
     E quel che sia da far si disputava;
     Così son trapassate più giornate.
     Ecco Dodon, ch’un dì quivi arrivava,
     E dètte a tutti presto ammirazione,
     Dicendo: Che novelle hai tu, Dodone?

15 Disse Dodon: Cattive e dolorose;
     E posesi a seder; poi lacrimando
     Diceva: La fortuna in tutte cose,
     Poi che di corte ti partisti, Orlando,
     Con mille ingiurie palese e nascose
     Troppo vien Carlo tuo perseguitando;
     Ed ha scoccato a tempo or più che mai
     La trappola; ogni cosa sentirai.

16 Il gran Calavrion della Montagna,
     Fratel del Veglio, il qual si dice è morto,
     Passato è in Francia pel mezzo di Spagna,
     E dice che ’l fratel l’uccise a torto
     Un cavalier, ch’è or di tua compagna;5
     Ma che farà le vendette di corto;
     Cento quaranta migliaia numerati
     Sono i Pagan, che con seco ha menati.

17 Ed ha menato un altro suo fratello,
     Quale Archilagio si fa nominare,
     E molto conto là si fa di quello;
     Pensa che Carlo non sa che si fare:
     E’ ti convien volar com’un uccello,
     E Montalban bisogna anco aiutare,
     Chè e’ v’è sessanta mila cavalieri,
     E tutti Maganzesi e da Pontieri.

18 Il capitan di tutti a Montalbano
     Al tuo piacer, Rinaldo, è Grifonetto.
     Disse Rinaldo: Alla barba mia, Gano,
     Tu hai pur fatto a questa volta netto.
     Disse Dodone: E’ v’è drento Viviano.
     Rinaldo disse: E’ non v’è Ricciardetto?
     Dodon soggiunse: E’ v’è il franco Danese.
     Gan si turbò, quando tal cosa intese.