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canto ventesimosecondo. 153

54 Quest’altro giovinetto è mio cugino,
     Ed èssi nuovamente battezzato;
     Non lo conosci? egli era Saracino:
     Ed Aldinghier non ebbe ricordato:
     Gan traditor gli pose l’occhiolino,
     Ed ebbe il tradimento già pensato.
     Diceva Diliante: A ogni modo,
     D’avervi fatto onor per Dio ne godo.

55 Ma s’io non erro, non se’ tu colui,
     Che uccidesti il gran Veglio mio zio?
     Disse Rinaldo: Io fui mandato a lui
     Dal gran Soldan, ma poi non piacque a Dio
     Ch’io l’uccidessi, e gran suo amico fui,
     E battezza’lo, e vendicai poi io:
     Uccisi chi l’uccise, un gran gigante;
     Dunque tu di’ il contrario, Diliante.

56 Rispose Diliante: Assai m’incresce,
     Che questo caso è stato male inteso;
     E veggo quanto mal di ciò riesce,
     Però che molto fuoco è in Francia acceso
     Per questo fatto, e tuttavolta cresce:
     Calavrion di voi si tiene offeso,
     E con gran gente a Parigi n’è ito,
     Com’io son certo ch’avete sentito.

57 In questo tempo si lieva un romore,
     Che tutta la città sozzopra va
     E tutto il popol fuggiva a furore:
     Diceva Orlando: Questo che sarà?
     Disse il Pagan: Non abbiate timore.
     Un lione è, che spesso così fa,
     E molta gente in questa terra ha morta,
     E spesso se ne vien drento alla porta.

58 E duolmi ch’io ci ho colpa in questo fatto,
     Tanto ch’io n’ho grand’odio con costoro;
     Io allevai un lion bianco un tratto,
     Che mi parea gentil, benigno e soro;
     E’ si fuggì, dond’io ne son disfatto,
     Però ch’e’ ci ha poi dato assai martoro:
     A poco a poco la mia gente manca,
     E son segnato ancor della sua branca.