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canto ventesimosecondo. 155

64 Ritornossi Rinaldo alla cittate,
     Ed ha drieto la ciurma de’ Pagani,
     Fino alle donne in terra inginocchiate:
     Benedette ti sien, dicean, le mani!
     Eran per tutto le strade calcate,
     Era adorato da que’ terrazzani:
     Come Davitte Golia abbi morto,
     Così di quel lion preson conforto.

65 Diliante ringrazia il paladino,
     Dicendo: Schiavo eterno ti saroe;
     Benedicati il nostro Dio Apollino;
     Quando tu sai che il romor si levoe,
     Diceva questo savio Saracino
     Quel ch’io ti dissi ti replicheroe,
     Che mi doleva che in Francia sia guerra,
     Poichè Calavrion questo caso erra.

66 Calavrion si crede che ’l fratello
     Tu l’uccidessi, o tenessi al trattato,
     E sol per questo vendicar vuol quello,
     E non sa ben che tu l’hai vendicato:
     S’io gli scrivessi, e’ parre’ tutto orpello:
     Guarda se quel ch’io dico è ben pensato:
     Io ti darò trentamila baroni,
     Nelle battaglie ammaestrati e buoni.

67 Altro non ho se non la mia persona:
     Or odi un poco un altro mio disegno;
     Il re Gostanzo morì a Babillona,
     Alla figliuola sua rimase il regno,
     Ed ha gran gente sotto sua corona,
     Che si son ritornati per disdegno
     Da Babillona, poi ch’a Antea la desti,
     Però che molto maltrattava questi.

68 E tutti soldo so cercando vanno:
     Uliva la fanciulla è mia parente:
     Credo che tutti a mio modo faranno;
     E stu non hai danar da soldar gente,
     Io n’arò tanti che si pagheranno,
     Che centomila son, s’i’ho bene a mente;
     E so che ’l re Gostanzo v’era amico,
     Chè col Soldano avea grand'odio antico.