Pagina:Pulci - Morgante maggiore II.pdf/165

Da Wikisource.
162 il morgante maggiore.

99 Disse il Pagano: E teco giosterroe:
     Io ti senti’ chiamar così a Rinaldo.
     Gan traditor col capo minaccioe:
     Non domandar se finger sa il ribaldo.
     Ognun la sera a letto se n’andoe,
     E in questo modo l’accordo fu saldo:
     E come sono in camera serrati,
     Addosso a Gan si son tutti voltati.

100 Diceva Orlando: Onde ha questo segreto
     Costui, che par gittato proprio in forma,
     Appunto a quante carte ha l’alfabeto?
     Questo è pur lupo della nostra torma:
     Qui si bisogna, Astolfo, esser discreto;
     Io vo’ ch’ognun coll’arme indosso dorma;
     Un occhio16 alla padella, uno alla gatta,
     Ch’io so che qualche trappola c’è fatta.

101 Rispose Astolfo: Tanti billi billi,17
     Che nol di’ tu, che Gan l’ha imburiassato?17a
     Perchè pur trarci il vin con questi spilli?
     Un tratto il zaffo avessi tu cavato!
     Rispose Gan: Tu hai ’l capo pien di grilli,
     E fusti sempre pazzo e sbardellato.
     Diceva Astolfo a Malagigi allora:
     Deh, fa’ che questa lepre balzi fuora.

102 Malagigi non volle gittar l’arte,
     Però che ne facea gran conscienzia,
     E non si può far sempre in ogni parte:
     Convien ch’a molte cose abbi avvertenzia,
     E veste consecrate, e certe carte
     Essorcizzate con gran diligenzia,
     Pentacul,18 candarie, sigilli e lumi,
     E spade e sangue e pentole e profumi.

103 Questo dich’io; ch’io so ch’alcun direbbe,
     Quando costoro avevon Malagigi,
     D’ogni cosa avvisar gli doverrebbe:
     Così fa il tal; così Carlo in Parigi.
     Dunque costui come un Iddio sarebbe,
     Se sapessi d’ognun sempre i vestigi:
     I negromanti rade volte fanno
     L’arte, e non dicon ciò che sempre sanno.