159 Rinaldo rispondea: Tu mi solletichi,
Padrone, appunto dove me ne giova;
Ch’io so guarire i pazzi de’ farnetichi:
Parmi mill’anni d’essere alla pruova;
E molti, che non credon come eretichi,,
Hanno veduto spesso cosa nuova:
Surgiam pur presto, e fuggiam via fortuna;
Poi non temer più di cosa nessuna.
160 L’ira del mare è d’averne paura,
Però che contro a lei forza non vale;
Ma di combatter poi con l’armadura
Con quel signor crudele e micidiale,
Io lo farò saltar per quelle mura,
E proverrò se sa volar sanza ale.
E confortò il padron tanto, e minaccia,
Che surse finalmente, e ’l ferro spaccia.
161 Era quella città sopra una ripa
Che soprastà dalla banda del mare,
Piena di scogli e di rocce e di stipa,
Che non vi posson le caprette andare;
Tanto che ’l cuore al padron se gli scipa.
Rinaldo dicea pur: Non dubitare,
Io voglio andar, padrone, in Saliscaglia,
Ed arrecar giù roba e vettovaglia;
162 Manda con meco qualche marinaio.
Disse il padron: Cotesto son contento;
E’ ne verrà con teco qualche paio.
Rinaldo alla città se ne va drento,
E ruba il cuoco, e saccheggia il fornaio,
E sgombera, e ritra’si a salvamento:
E nell’uscir fu la spada la chiave,
E ritornossi al padrone alla nave.
163 E disse: Come il becco26 un poco immollo,
Sicuro vo per boschi e per padule;
Il monte Sinai porterei in collo,
Come e’ trabocca il vin fuor pel mezzule;
Io intendo di voler morir satollo.
E cominciò a grattarsi il gorgozzule,
E pettina e sollecita il barlotto,
Tanto che fece di prete lo scotto.27