179 Rinaldo al Saracino aveva detto:
Cotesta lancia mi par troppo grave:
E pur si debbe aver qualche rispetto
Di non giostrar però con una trave;
Se tu ti pon’cotesta lancia al petto,
Io torrò quaggiù l’arbor della nave.
Ma poi che vide il Pagan così volse,
Un’altra simigliante a quella tolse.
180 Questi stangon nel petto si percossono,
Tanto che tutto lo scudo intronorno
E l’uno e l’altro di sella si mossono,
Perchè le lance sol non si piegorno,
E sofferire il colpo ben non possono;
Vero è che in sulla terra non cascorno:
Il Saracin rovescio in sulla groppa
Si ritrovò, quando il colpo rintoppa;
181 Rinaldo si piegò tutto e scontorse,
E del sinistro piè gli uscì la staffa
E quasi di cader la misse in forse;
Pur si sostenne e d’arcion non iscaffa.28
Poi presto in su la spada la man porse,
E ’l Saracin la sua dal fianco arraffa;
E per un’ora o più gran colpi ferno;
Ma l’Arpalista regge a ogni scherno.
182 Pure alla fin, volendo riparare
Un colpo, un tratto lo scudo sù alza;
Rinaldo vide un bel colpo da fare
E che scoperta avea la mana e scalza:
Un colpo trasse, e quella ebbe a trovare,
E collo scudo alla terra giù balza;
Donde un gran mugghio metteva il Pagano
Quando e’ si vide tagliata la mano;
183 E disse: Io mi t’arrendo: or mi perdona!
Io ho perduto ogni cosa a un colpo:
Tu m’hai ferito, e guasta la persona,
E fu il difetto mio, così m’incolpo.
Dimmi, baron, come il tuo nome suona,
Ch’omai d’ogni peccato a te mi scolpo.
Io son prigion tuo vero, anzi son morto:
Non mi toccar, poi ch’io m’arrendo, a torto.