Pagina:Pulci - Morgante maggiore II.pdf/181

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178 il morgante maggiore.

179 Rinaldo al Saracino aveva detto:
     Cotesta lancia mi par troppo grave:
     E pur si debbe aver qualche rispetto
     Di non giostrar però con una trave;
     Se tu ti pon’cotesta lancia al petto,
     Io torrò quaggiù l’arbor della nave.
     Ma poi che vide il Pagan così volse,
     Un’altra simigliante a quella tolse.

180 Questi stangon nel petto si percossono,
     Tanto che tutto lo scudo intronorno
     E l’uno e l’altro di sella si mossono,
     Perchè le lance sol non si piegorno,
     E sofferire il colpo ben non possono;
     Vero è che in sulla terra non cascorno:
     Il Saracin rovescio in sulla groppa
     Si ritrovò, quando il colpo rintoppa;

181 Rinaldo si piegò tutto e scontorse,
     E del sinistro piè gli uscì la staffa
     E quasi di cader la misse in forse;
     Pur si sostenne e d’arcion non iscaffa.28
     Poi presto in su la spada la man porse,
     E ’l Saracin la sua dal fianco arraffa;
     E per un’ora o più gran colpi ferno;
     Ma l’Arpalista regge a ogni scherno.

182 Pure alla fin, volendo riparare
     Un colpo, un tratto lo scudo sù alza;
     Rinaldo vide un bel colpo da fare
     E che scoperta avea la mana e scalza:
     Un colpo trasse, e quella ebbe a trovare,
     E collo scudo alla terra giù balza;
     Donde un gran mugghio metteva il Pagano
     Quando e’ si vide tagliata la mano;

183 E disse: Io mi t’arrendo: or mi perdona!
     Io ho perduto ogni cosa a un colpo:
     Tu m’hai ferito, e guasta la persona,
     E fu il difetto mio, così m’incolpo.
     Dimmi, baron, come il tuo nome suona,
     Ch’omai d’ogni peccato a te mi scolpo.
     Io son prigion tuo vero, anzi son morto:
     Non mi toccar, poi ch’io m’arrendo, a torto.