194 E parvegli dover, ch’era malvagio,
Operar col Pagano un altro unguento;
E con parole cortese al palagio
Lo ’nvita, e l’Arpalista fu contento,
Dicendo che parlar gli vuole ad agio;
E cominciò con lui ragionamento:
Chi tu ti sia, Pagano, o di qual banda,
Non vo’ cercare, o se Carlo ti manda.
195 Ma perchè mi pari uom discreto e forte,
Mi fiderò di te liberamente:
Benchè tu dica che cerchi la morte,
So che cerchi altro, e fai come prudente;
Carlo sbandito m’ha della sua corte,
Ed è qui il campo, che vedi al presente:
Fu sempre ingratitudin ne’ signori,
E ’nvidia, come sai, tra’ servidori.
196 S’io non fussi io, e’ non terrebbe il regno
Carlo, e perduto ho infin ciò ch’i’ gli ho fatto:
Come e’ non m’è riuscito un disegno,
Chiamato traditor son tristo e matto:
Tanto che per invidia m’ha in disdegno,
Chè si dà ben di gran colpi di piatto:
Per troppo amor ch’i’ho portato a quello
A torto sono scacciato e rubello.
197 Egli ha con seco certi susurroni,
Che penson contro a me sempre lacciuoli:
Voglionsi tutti per loro i bocconi:
Questi sono i fidei, questi i figliuoli,
Certi buffon fraschier, certi ignatoni28
Dipinti in mille logge e in mille orciuoli;
Questi governan Carlo imperadore,
Io sono il ladro, il tristo, e ’l traditore.
198 Hannol condotto qua come un bambino,
Ed è venuto drieto a’ lor consigli,
Come al pane insalato il pecorino:
Vero è ch’un savio ha sol fra molti figli,
Questo è Orlando degno paladino;
Ma poco il suo parer par che si pigli,
E come me lo discaccia ogni giorno,
Tanto che sempre va pel mondo attorno.