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214 il morgante maggiore.

24 Ch’io non ho Bianciardin per uom sì grosso,
     Ch’e’ creda che la Spagna si rendesse,
     E però il capo ritrovar non posso
     Del filo a questa tela che si tesse;
     Ma so che presto Orlando ti fia addosso,
     Chè molto son qua larghe le promesse,
     Di dargli in ogni modo la corona
     Di Granata, e di Spagna, e d’Araona.

25 Vero è che a questi giorni intesi cosa,
     Che allor te giudicavo più che saggio,
     E come Antea la reina famosa
     Con molta gente in qua facea passaggio;
     Ed era il tempo2 a voler còr la rosa,
     Appunto come al principio di maggio:
     E credo ancor tu sentirai lo scoppio;
     Pensa col tuo favor s’egli era a doppio.

26 Tanto è, che Carlo non fu poi più lieto,
     E credo ancor ch’Orlando abbi paura;
     Ma e’ sa simular come discreto,
     E tuttavolta remedj procura:
     E se vuoi pur ch’io dica ogni secreto,
     E’ triemon qua di Parigi le mura,
     Ed ognun già se gli arriccia la chioma,
     Che ’l barbaro Annibal par vadi a Roma.

27 Or non bisogna al prudente consiglio:
     Io so che tu cognosci il Mainetto,
     Tu lo tenesti in corte come figlio,
     E riscaldasti la serpe nel petto;
     Io veggo il regno tuo con gran periglio,
     Ed arai presto a pigliar pel ciuffetto
     Un gran lion, che ti parrà rapace:
     Questo fia forse e la Spagna e la pace.

28 Or di’ a Bianciardin dunque a tua posta,
     Ch’io non so ben se ti consiglia o sogna;
     E non mandare indrieto altra risposta,
     E scrivi a Antea, chè so che ti bisogna:
     E pensa ben, che se Orlando s’accosta,
     La sua corona è tua mitera e gogna,
     E tutto il popol tuo veggo in esilio:
     Ora io t’ho detto il mio parer, Marsilio.