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canto ventesimoquarto. 215

29 La lettera a Marsilio porta un messo,
     Il qual trovò dov’era a Siragozza:
     Bacioe la mano in terra genuflesso,
     Che presto gli vorrebbe veder mozza.
     Marsilio cognoscea il sigillo impresso,
     E lesse, e il messo impicca per la strozza:
     Chè intese, come pratico e discreto,
     Quel non mandare altra risposta indrieto.

30 E scrisse a Babillona alla reina
     Ch’avea mutata nuova opinione,
     E tutta la sua gente saracina
     Apparecchiava sotto il gonfalone;
     E parte ne fia presto alla marina,
     E centomila o più sopra l’arcione:
     E Balugante fia suo capitano,
     E mandògli la lettera di Gano.

31 Ah, disse Antea, tu se’ pure il maestro
     De’ tradimenti, Gan, ma s’io ritorno
     In Francia più, t’appiccherò il capestro;
     E tutte le sue gente s’assettorno,
     Sicchè gli arcier sanza numero equestro
     Dugento mila o più si rassegnorno
     Di Persia e quasi di tutta Soria,
     D’una bella e forbita compagnia.

32 Non si ricorda Antea più di Rinaldo:
     Sapea che per lo Egitto era già vecchio;
     Era passato quel sì ardente caldo;
     E tuttavolta attende al suo apparecchio:
     Intanto Gano ostinato e ribaldo
     Attento sempre teneva l’orecchio,
     E dubitava di ciò che gli è detto,
     Chè non è traditor sanza sospetto;

33 Ed ordinava ogni dì feste e giostra,
     Acciò che ognuno attenda a sollazzare,
     E sempre il primo caldo si dimostra,
     Ch’Orlando si dovessi coronare:
     Questo è pure il campion della fè nostra,
     Dicea con Carlo; e sapea simulare:
     E ciò, ch’e’ dice, in mezzo il cor gli tocca,
     Che par che gli esca San Matteo di bocca;