59 Eran questi giganti molto fieri
Cattabriga chiamati, e Fallalbacchio;
Gli uomin parean fantaccini di ceri,
E tristo a quel ch’aspetterà il batacchio;
Ch’e’ leverà la mosca di leggieri,
E sopra l’elmo schiaccerà il pistacchio:
E innanzi a tutta la turba venieno,
E par che triemi lor sotto il terreno.
60 Vengon costor, saccheggiando e scorrendo,
Verso Parigi, ogni cosa rubando;
Castelli e ville e borghi e case ardendo,
Come è usanza, e le donne sforzando,
Uomini e bestie e fanciulli uccidendo;
Della qual cosa è mal contento Orlando,
Quando sentì la lor bestiale ingiuria,
E rassettava le sue gente a furia.
61 Diceva Gano: Or non sono io quel desso,
C’ho fatto questa volta i tradimenti:
Fa’ sempre bene, e giudica te stesso.
(Ah, traditor, tu sai che tu ne menti!)
E sempre intorno a Carlo era il più presso,
Dicendo: Imperator, di che spaventi?
Non dubitar quando e’ c’è il Conte nostro.
E più fedel parea che il paternostro.
62 Già eron presso a quattro leghe o manco
I Saracini, e i giganti con loro;
Il capitano innanzi ardito e franco,
Che si faceva chiamar Sicumoro:
E gli stendardi il campo avevon bianco,
Dove era un Macometto in alto d’oro:
Ed Antea lieta si venía appressando,
Ch’avea gran voglia rivedere Orlando.
63 Era apparito in que’ dì gran prodigi,
Portenti, augurj, e segni e casi strani;
Piovuto sangue per tutto Parigi,
Urlavan giorno e notte tutti i cani:
Intanto a Montalbano è Malagigi,
E vide in gran pericolo i Cristiani;
Venne a Orlando, e l’arte sua gittorno,
E tutte queste cose interpretorno.