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226 il morgante maggiore.

84 Ulivier ritornò colla risposta,
     E referì ogni cosa a Orlando,
     E come Antea è parata a sua posta;
     E de’ giganti venía disegnando,
     Ch’ognuno avea di balena una costa,
     E quel ch’al partir disson minacciando;
     E che a natura gli avanzò matera,
     Quand’ella fece questa tantafera.

85 E come egli ebbe ogni cosa contato,
     Orlando conferì con Malagigi;
     Disse Malgigi: Fa che al tempo dato
     In punto sien la gente di Parigi;
     E la battaglia si facci in sul prato,
     Come altra volta già, di San Dionigi:
     Ch’io so che Antea con la gente pagana
     Vorrà far alto presso alla fiumana;

86 E de’ giganti tu ne riderai:
     Tu gli vedrai impaniati come tordi,
     Cosa che più non si vide ancor mai;
     Fa che in sul fatto tu me lo ricordi,
     Chè certo so ti maraviglierai:
     Un’altra cosa fa che non ti scordi,
     Che con Gan nulla non ne ragionassi,
     Che qualche malizietta non pensassi.

87 Il campo a San Dionigi diputossi;
     E il dì che la battaglia era futura,
     Con que’ giganti Antea rappresentossi,
     Ch’a Marte e gli uomin facevon paura:
     Carlo si fece la croce, e segnossi,
     E disse: Questo non può far natura;
     Questi son mostri sì feroci e strani,
     Che poco val qui gli argumenti umani.

88 Così diceva Salamone e Namo:
     Io credo che gli mandi Satanasso:
     Per mio consiglio drento ci torniamo,
     Che non facessin d’uomini un fracasso;
     Facciam che con Orlando noi intendiamo:
     Ch’a lasciar que’ baston cader giù basso,
     Chi sarà quel che sotto a lor si ficchi,
     Se fussi bene Atlante o Stambernicchi?