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canto ventesimoquarto. 227

89 Carlo fe’ presto il nipote chiamare,
     E disse: A que’ giganti hai tu pensato?
     Chè l’uno e l’altro, a vederlo, mi pare
     Qualche corpo fantastico incantato.
     Rispose Orlando: Non ne dubitare,
     Chè Malagigi ha due volte affermato,
     Ch’io lasci a lui de’ giganti la briga,
     E l’un diavolo, sai, l’altro gastiga.

90 Carlo pur gli occhi a’ giganti tenea,
     E volentier tornerebbe in Parigi;
     E per paura ognun si ristrignea,
     Chè sopra il prato già di san Dionigi
     Vengono innanzi alla gente d’Antea:
     Orlando s’accostava a Malagigi;
     Vide che quello incantava, e borbotta,
     Perch’e’ voleva gittar l’arte allotta.

91 Disse Malgigi: Aspetta un poco, Orlando;
     Tírati a drieto. Orlando si scostava:
     Allor Malgigi venía disegnando
     Carattere e sigilli, e preparava
     Le candarie e’ pentaculi; ma quando
     Vennon gli spirti ch’egli scongiurava,
     Tremò la terra come vento fossi,
     E l’aer tutto in un punto turbossi.

92 In questo, in mezzo il prato hanno veduto
     Un uom, che parea stran più che Margutte;
     E zoppo, e guercio, e travolto, e scrignuto,
     E di gigante avea le membra tutte,
     Salvo che ’l capo era a doppio cornuto;
     Saltella in qua e in là come le putte,
     E scherza, e ride, e più giuochi fa quello,
     Ch’un Fraccurrado o un Arrigobello.

93 E suona una zampogna o zufolino,
     Ed accostossi a que’ giganti, e tresca,
     E fa certi atti come Scuccobrino,
     E intorno a lor la più strana moresca;
     E spesso toma come un babbuino,
     O come scimia fa la schiavonesca:
     Sicche e’ guardava questa maraviglia
     L’un campo e l’altro, e ritenea la briglia.